Un termine fin troppo utilizzato per fare riferimento a una molteplicità di contenuti. Con auto-stima si intende invece qualcosa di molto specifico. Scendiamo nel dettaglio!
In Psicologia tutto ciò che comincia per “auto” implica solitamente qualcosa che è stato dapprima “appreso”. Questo è indicativo quindi del fatto che l'autostima non è qualcosa che si ha o non si ha, un elemento autodeterminato, una caratteristica possieduta o meno come l'altezza o il colore dei capelli.
Essa fa invece riferimento a una qualità interiore dell'individuo sviluppata a partire dall'esperienza che ciascuno di noi ha fatto della stima ricevuta da altri. E per altri si intende innanzitutto le nostre figure di attaccamento primarie: sentirsi amato e conseguentemente meritevole di ricevere tale amore costituisce la base per una buona autostima futura.
Il termine autostima deriva quindi dalla stima-di-sé ricevuta in origine, il cui livello viene “registrato” dalla nostra mente come il gradiente di riferimento con il quale confrontarci con il mondo, con le nostre aspettative circa la stima che possiamo ricevere ed il valore che noi stessi ci attribuiamo indirettamente e direttamente.
Sulla base di questa valutazione, esplicita o implicita, che abbiamo ricevuto da piccoli strutturiamo poi una valutazione personale relativa a ciò che noi pensiamo di essere e di valere. Questo spiega come sia possibile che vi siano individui che non eccellono in particolari ambiti o che non sono particolarmente attraenti, capaci o non hanno raggiunto alcuna posizione ritenuta generalmente di successo, ma che hanno un elevato livello di autostima, mentre altri individui che, pur essendo famosi, aver raggiunto un successo professionale, essere riconosciuti come acuti e stimati, presentano invece livelli molto bassi di autostima.
Nel processo di costruzione dell'autostima, hanno però un'importanza particolare le esperienze successive a quelle prettamente vissute con le proprie figure di riferimento: l'immagine che questi ultimi ci hanno rimandato può essere modificata, sia in positivo che in negativo, da quella riscontrata nei diversi contesti della vita esterna.
Fondamentali saranno le esperienze nel contesto scolastico, nel gruppo di pari, nella squadra sportiva, così come manterranno il loro importante ruolo le dinamiche che si creeranno in casa, tra i membri della famiglia, come con i fratelli e nel caso di separazioni/divorzi.
Se dapprima il bambino ha necessità di sperimentare il saper fare, di essere riconosciuto in questa sua capacità e risultare vittorioso nello svolgimento di alcuni compiti, il ragazzo e poi l'adulto hanno bisogno di confrontarsi con tali abilità anche nel contesto di relazione col mondo esterno che via via li circonda sempre in misura maggiore.
Ciò comporta anche che l'essere supportati in questo processo di scoperta sia delle proprie capacità e risorse che delle proprie potenzialità e limiti, favorisce quella sicurezza interna necessaria per sviluppare un adeguato livello di autostima, basato su un equilibrato rapporto tra ciò che si pensa di essere o saper fare e ciò che si vorrebbe essere o riuscire a fare, potendo così anche evitare di de-costruire la propria stima-di-sé in quelle occasioni in cui non si esce vincenti.
Considerando quindi che l'autostima è di per sé un aspetto soggettivo, poiché determinato da un'attribuzione di valore non oggettiva, si evince come possa essere modificata nel tempo, trovando soluzioni che possano far aumentare il valore che attribuiamo a noi stessi, riconsiderando le nostre aspettative e volgendo l'attenzione agli aspetti più validi, propositivi e unici di noi stessi piuttosto che essere sempre attenti a quelli che risultano inefficaci, imperfetti e sconvenienti.
Favorire un processo di autoconsapevolezza circa le proprie tipicità e unicità aiuta quindi a stimolare una visione di se stessi completa nel suo essere complessa e, in quanto tale, ricca di aspetti sia positivi che negativi.
Psicologa clinica
francesca.castignone@gmail.com
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